CRITICALETTERARIA.ORG - BREVE TRATTATO SUI PICCHIATORI NELLA SVIZZERA ITALIANA DEGLI ANNI OTTANGA
Cronache "fascinorose" di picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta
Chi erano i picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta?
Attaccabrighe o eroi confusamente romantici, paladini di un senso dell’onore da vendicatori telefilmici, o animati da un generico quanto autentico fascismo - come cantava Niccolò Contessa (aka I Cani), in altri anni e altri luoghi, dei pariolini di 18 anni, apparentemente quanto di più distante dai giovani picchiatori ticinesi possiamo immaginare?
Ma il modo di sfogare in maniera violenta il periodo spesso torbido e confuso della giovinezza è un tratto comune a tutte le epoche, a tutte le comunità, come vediamo anche ai giorni nostri, nelle notizie del tg e nelle piazzette sotto casa, senza capire.
Eppure siamo stati ragazzi anche noi, anche se pochi, verrebbe da dire, se ne ricordano.
Invece Manuela Mazzi nel suo Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta (Laurana Editore) se ne ricorda. Forse perché ha perdonato quell’età malvagia e riesce a vederci del buono, forse perché i suoi picchiatori sono in fondo dei bambinoni protagonisti di una stagione primaverile destinata a sfiorire presto, a trasformarsi in un’età adulta senza nessun appello.
Qualcuno se n’è andato per età, qualcuno perché è già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore, no?
E anche i bar, o i luoghi mitici teatri di risse e baccagliamenti, in fondo hanno fatto un po’ la fine delle osterie di fuori porta gucciniane, e la gente che ci andava a bere (o a fare a botte, in questo caso) fuori o dentro è tutta morta.
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Breve trattato sui picchiatori nella Svizzera italiana degli anni Ottanta
di Manuela Mazzi editore: Laurana Editore
pagine: 272
«Questo è un racconto monumentale, come sempre è il ricordo della gioventù e dell'adolescenza selvatica»
Dalla postfazione di Ermanno Cavazzoni
editore: Laurana Editore
pagine: 272
«Questo è un racconto monumentale, come sempre è il ricordo della gioventù e dell'adolescenza selvatica»
Dalla postfazione di Ermanno Cavazzoni
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